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Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un'altra parte, e non ti raccapezzi più, così Ludwig Wittgenstein esprimeva lo spaesamento che avvinghia l'uomo moderno, investito da una selva di simboli oscuri e indecifrabili, e al contempo la forza innovativa del linguaggio, capace di dischiudere sempre nuove piste di senso e nuovi orizzonti. "C'era una volta il re" è precisamente un labirinto di parole, concepito però alla maniera di un originale e curioso "dizionario del presente": da "aborto" ad "Auschwitz", da "Europa" a "democrazia", da "fede e ragione" a "Gay Pride", da "Google" a "Islam", da "radici" a "zingari", Massimo Adinolfi attraversa i significanti che impastano la nostra esistenza sfidando la logica univoca del senso che vorrebbe imbrigliarli in un'unica rigida significazione e li apre, con leggerezza e ironia, all'esercizio di un pensiero critico ed ermeneutico in costante movimento. E mentre denuncia la morte del re - di una verità monolitica e imperante - e l'impossibilità per l'uomo contemporaneo di sentirsi nel mondo come a casa propria, inventa un modo nuovo di mettere in parole il reale politico, sociale e religioso in cui viviamo. L'autore ci invita così a pensare e ri-pensare il mondo che ci circonda e a non chiudere gli occhi rispetto ai dilemmi che agitano la nostra epoca.